Provvedimento
generale sulla videosorveglianza
29 aprile 2004
IL GARANTE PER LA
PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
Nella riunione
odierna, in presenza del prof. Stefano Rodotà, presidente,
del prof. Giuseppe Santaniello, vice presidente, del prof.
Gaetano Rasi e del dott. Mauro Paissan, componenti e del
dott. Giovanni Buttarelli, segretario generale;
Visti gli atti
d’ufficio e le osservazioni formulate ai sensi dell’art.
15 del regolamento n. 1/2000;
Relatore il prof.
Gaetano Rasi;
RILEVATO
1. PREMESSA
Il Garante ritiene
opportuno aggiornare e integrare il provvedimento del 29
novembre 2000 (c.d. "decalogo" pubblicato sul
Bollettino del Garante n. 14/15, p. 28), anche per
conformare i trattamenti di dati personali mediante
videosorveglianza al Codice entrato in vigore il 1° gennaio
2004 e ad altre disposizioni vigenti (art. 154, comma 1,
lett. c), d.lg. 30 giugno 2003, n. 196, recante il Codice in
materia di protezione dei dati personali) che hanno
rafforzato le garanzie per i cittadini. Per altro verso va
evidenziato che nel triennio di applicazione del predetto
provvedimento sono stati sottoposti all’esame
dell’Autorità numerosi casi, attraverso reclami,
segnalazioni e richieste di parere, i quali evidenziano un
utilizzo crescente, spesso non conforme alla legge, di
apparecchiature audiovisive che rilevano in modo
continuativo immagini, eventualmente associate a suoni,
relative a persone identificabili, spesso anche con
registrazione e conservazione dei dati.
Con riferimento
alle menzionate garanzie, il presente provvedimento
(paragrafi 2 e 3) richiama taluni principi e illustra le
prescrizioni generali relative a tutti i sistemi di
videosorveglianza; nei paragrafi 4, 5 e 6 vengono invece
individuate prescrizioni riguardanti specifici trattamenti
di dati. Ovviamente, per casi particolari l’Autorità si
riserva di intervenire di volta in volta con atti ad hoc.
Le prescrizioni del
presente provvedimento hanno come presupposto il rispetto
dei diritti e delle libertà fondamentali dei cittadini e
della dignità delle persone con particolare riferimento
alla riservatezza, all’identità ed alla protezione dei
dati personali (art. 2, comma 1, del Codice).
Il Garante ha posto
doverosa attenzione al nuovo diritto alla protezione dei
dati personali (art. 1 del Codice) consapevole che
un’idonea tutela dei diritti dei singoli, oggetto del
bilanciamento effettuato con il presente provvedimento, non
pregiudica l’adozione di misure efficaci per garantire la
sicurezza dei cittadini e l’accertamento degli illeciti.
Si è avuto
riguardo pertanto anche alla libertà di circolazione nei
luoghi pubblici o aperti al pubblico. In tali ambiti, non si
possono privare gli interessati del diritto di circolare
senza subire ingerenze incompatibili con una libera società
democratica (art. 8 Conv. europea diritti uomo ratificata
con l. n. 848/1955), derivanti da rilevazioni invadenti ed
oppressive riguardanti presenze, tracce di passaggi e
spostamenti, facilitate dalla crescente interazione dei
sistemi via Internet ed Intranet.
Il Garante si è
infine ispirato alle indicazioni espresse in varie sedi
internazionali e comunitarie: in particolare alle
linee-guida del Consiglio d’Europa del 20-23 maggio 2003
(v. Relazioni annuali del Garante per il 2002 e per il 2003,
in www.garanteprivacy.it), nonché agli indirizzi formulati
dalle autorità europee di protezione dei dati riunite nel
Gruppo istituito dalla direttiva n. 95/46/CE (11 febbraio
2004, n. 4/2004, in Relaz. annuale 2003 e
http://europa.eu.int/comm/internal-market/privacy/workingroup/wp2004/wpdocs04_en.htm).
2. PRINCIPI
GENERALI
2.1 Principio di
liceità
Il trattamento dei dati attraverso sistemi di
videosorveglianza è possibile solo se è fondato su uno dei
presupposti di liceità che il Codice prevede espressamente
per gli organi pubblici da un lato (svolgimento di funzioni
istituzionali: artt. 18-22) e, dall’altro, per soggetti
privati ed enti pubblici economici (adempimento ad un
obbligo di legge, provvedimento del Garante di c.d.
"bilanciamento di interessi" o consenso libero ed
espresso: artt. 23-27). Si tratta di presupposti operanti in
settori diversi e che sono pertanto richiamati separatamente
nei successivi paragrafi del presente provvedimento
relativi, rispettivamente, all’ambito pubblico e a quello
privato.
La
videosorveglianza deve avvenire nel rispetto, oltre che
della disciplina in materia di protezione dei dati, di
quanto prescritto da altre disposizioni di legge da
osservare in caso di installazione di apparecchi
audiovisivi.
Vanno richiamate al
riguardo le vigenti norme dell’ordinamento civile e penale
in materia di interferenze illecite nella vita privata, di
tutela della dignità, dell’immagine, del domicilio e
degli altri luoghi cui è riconosciuta analoga tutela
(toilette, stanze d’albergo, cabine, spogliatoi, ecc.).
Vanno tenute presenti, inoltre, le norme riguardanti la
tutela dei lavoratori, con particolare riferimento alla
legge 300/1970 (Statuto dei lavoratori).
Specifici limiti
possono derivare da altre speciali disposizioni di legge o
di regolamento che prevedono o ipotizzano la possibilità di
installare apparecchiature di ripresa locale, aerea o
satellitare (d.l. 24 febbraio 2003, n. 28, convertito, con
modificazioni, dalla legge 24 aprile 2003, n. 88),
disposizioni che, quando sono trattati dati relativi a
persone identificate o identificabili, vanno applicate nel
rispetto dei principi affermati dal Codice, in tema per
esempio di sicurezza presso stadi e impianti sportivi,
oppure musei, biblioteche statali e archivi di Stato (d.l.
14 novembre 1992, n. 433, convertito, con modificazioni,
dalla legge 14 gennaio 1993, n. 4) e, ancora, relativi a
impianti di ripresa sulle navi da passeggeri adibite a
viaggi nazionali (d.lg. 4 febbraio 2000, n. 45).
Appare inoltre
evidente la necessità del rispetto delle norme del codice
penale che vietano le intercettazioni di comunicazioni e
conversazioni.
2.2. Principio di
necessità
Poiché l’installazione di un sistema di videosorveglianza
comporta in sostanza l’introduzione di un vincolo per il
cittadino, ovvero di una limitazione e comunque di un
condizionamento, va applicato il principio di necessità e,
quindi, va escluso ogni uso superfluo ed evitati eccessi e
ridondanze.
Ciascun sistema
informativo e il relativo programma informatico vanno
conformati già in origine in modo da non utilizzare dati
relativi a persone identificabili quando le finalità del
trattamento possono essere realizzate impiegando solo dati
anonimi (es., programma configurato in modo da consentire,
per monitorare il traffico, solo riprese generali che
escludano la possibilità di ingrandire le immagini). Il
software va configurato anche in modo da cancellare
periodicamente e automaticamente i dati eventualmente
registrati.
Se non è osservato
il principio di necessità riguardante le installazioni
delle apparecchiature e l’attività di videosorveglianza
non sono lecite (artt. 3 e 11, comma 1, lett. a), del
Codice).
2.3. Principio di
proporzionalità
Nel commisurare la necessità di un sistema al grado di
rischio presente in concreto, va evitata la rilevazione di
dati in aree o attività che non sono soggette a concreti
pericoli, o per le quali non ricorre un’effettiva esigenza
di deterrenza, come quando, ad esempio, le telecamere
vengono installate solo per meri fini di apparenza o di
"prestigio".
Gli impianti di
videosorveglianza possono essere attivati solo quando altre
misure siano ponderatamente valutate insufficienti o
inattuabili. Se la loro installazione è finalizzata alla
protezione di beni, anche in relazione ad atti di
vandalismo, devono risultare parimenti inefficaci altri
idonei accorgimenti quali controlli da parte di addetti,
sistemi di allarme, misure di protezione degli ingressi,
abilitazioni agli ingressi.
Non va adottata la
scelta semplicemente meno costosa, o meno complicata, o di
più rapida attuazione, che potrebbe non tener conto
dell’impatto sui diritti degli altri cittadini o di chi
abbia diversi legittimi interessi.
Non risulta di
regola giustificata un’attività di sorveglianza rivolta
non al controllo di eventi, situazioni e avvenimenti, ma a
fini promozionali-turistici o pubblicitari, attraverso web
cam o cameras-on-line che rendano identificabili i soggetti
ripresi.
Anche
l’installazione meramente dimostrativa o artefatta di
telecamere non funzionanti o per finzione, anche se non
comporta trattamento di dati personali, può determinare
forme di condizionamento nei movimenti e nei comportamenti
delle persone in luoghi pubblici e privati e pertanto può
essere legittimamente oggetto di contestazione.
La
videosorveglianza è, quindi, lecita solo se è rispettato
il c.d. principio di proporzionalità, sia nella scelta se e
quali apparecchiature di ripresa installare, sia nelle varie
fasi del trattamento (art. 11, comma 1, lett. d) del
Codice).
Il principio di
proporzionalità consente, ovviamente, margini di libertà
nella valutazione da parte del titolare del trattamento, ma
non comporta scelte del tutto discrezionali e insindacabili.
Il titolare del
trattamento, prima di installare un impianto di
videosorveglianza, deve valutare, obiettivamente e con un
approccio selettivo, se l’utilizzazione ipotizzata sia in
concreto realmente proporzionata agli scopi prefissi e
legittimamente perseguibili.
Si evita così
un’ingerenza ingiustificata nei diritti e nelle libertà
fondamentali degli altri interessati.
Come si è detto,
la proporzionalità va valutata in ogni fase o modalità del
trattamento, per esempio quando si deve stabilire:
se sia sufficiente,
ai fini della sicurezza, rilevare immagini che non rendono
identificabili i singoli cittadini, anche tramite
ingrandimenti;
se sia realmente essenziale ai fini prefissi raccogliere
immagini dettagliate;
la dislocazione, l’angolo visuale, l’uso di zoom
automatici e le tipologie - fisse o mobili - delle
apparecchiature;
quali dati rilevare, se registrarli o meno, se avvalersi di
una rete di comunicazione o creare una banca di dati,
indicizzarla, utilizzare funzioni di fermo-immagine o
tecnologie digitali, abbinare altre informazioni o
interconnettere il sistema con altri gestiti dallo stesso
titolare o da terzi;
la durata dell’eventuale conservazione (che, comunque,
deve essere sempre temporanea).
In applicazione del predetto principio va altresì
delimitata rigorosamente:
anche presso luoghi
pubblici o aperti al pubblico, quando sia di legittimo ed
effettivo interesse per particolari finalità, la ripresa di
luoghi privati o di accessi a edifici;
l’utilizzazione di specifiche soluzioni quali il
collegamento ad appositi "centri" cui inviare
segnali di allarme sonoro o visivo, oppure l’adozione di
interventi automatici per effetto di meccanismi o sistemi
automatizzati d’allarme (chiusura accessi, afflusso di
personale di vigilanza, ecc.), tenendo anche conto che in
caso di trattamenti volti a definire profili o personalità
degli interessati il Codice prevede ulteriori garanzie (art.
14, comma 1, del Codice);
l’eventuale duplicazione delle immagini registrate;
la creazione di una banca di dati quando, per le finalità
perseguite, è sufficiente installare un sistema a circuito
chiuso di sola visione delle immagini, senza registrazione
(es. per il monitoraggio del traffico o per il controllo del
flusso ad uno sportello pubblico).
2.4. Principio di
finalità
Gli scopi perseguiti devono essere determinati, espliciti e
legittimi (art. 11, comma 1, lett. b), del Codice). Ciò
comporta che il titolare possa perseguire solo finalità di
sua pertinenza.
Si è invece
constatato che taluni soggetti pubblici e privati si
propongono abusivamente, quale scopo della
videosorveglianza, finalità di sicurezza pubblica,
prevenzione o accertamento dei reati che invece competono
solo ad organi giudiziari o di polizia giudiziaria oppure a
forze armate o di polizia.
Sono invece diversi
i casi in cui i sistemi di videosorveglianza sono in realtà
introdotti come misura complementare volta a migliorare la
sicurezza all’interno o all’esterno di edifici o
impianti ove si svolgono attività produttive, industriali,
commerciali o di servizi, o che hanno lo scopo di agevolare
l’eventuale esercizio, in sede di giudizio civile o
penale, del diritto di difesa del titolare del trattamento o
di terzi sulla base di immagini utili in caso di fatti
illeciti.
In ogni caso,
possono essere perseguite solo finalità determinate e rese
trasparenti, ossia direttamente conoscibili attraverso
adeguate comunicazioni e/o cartelli di avvertimento al
pubblico (fatta salva l’eventuale attività di
acquisizione di dati disposta da organi giudiziari o di
polizia giudiziaria), e non finalità generiche o
indeterminate, tanto più quando esse siano incompatibili
con gli scopi che vanno esplicitamente dichiarati e
legittimamente perseguiti (art. 11, comma 1, lett. b), del
Codice). Le finalità così individuate devono essere
correttamente riportate nell’informativa.
3. ADEMPIMENTI
3.1. Informativa
Gli interessati devono essere informati che stanno per
accedere o che si trovano in una zona videosorvegliata e
dell’eventuale registrazione; ciò anche nei casi di
eventi e in occasione di spettacoli pubblici (concerti,
manifestazioni sportive) o di attività pubblicitarie
(attraverso web cam).
L’informativa
deve fornire gli elementi previsti dal Codice (art. 13)
anche con formule sintetiche, ma chiare e senza ambiguità.
Tuttavia il Garante
ha individuato ai sensi dell’art. 13, comma 3, del Codice
un modello semplificato di informativa "minima",
riportato in fac-simile in allegato al presente
provvedimento e che può essere utilizzato in particolare in
aree esterne, fuori dei casi di verifica preliminare
indicati nel punto successivo. Il modello è ovviamente
adattabile a varie circostanze. In presenza di più
telecamere, in relazione alla vastità dell’area e alle
modalità delle riprese, vanno installati più cartelli.
In luoghi diversi
dalle aree esterne il modello va integrato con almeno un
avviso circostanziato che riporti gli elementi del predetto
art. 13 con particolare riguardo alle finalità e
all’eventuale conservazione.
Il supporto con
l’informativa:
deve essere
collocato nei luoghi ripresi o nelle immediate vicinanze,
non necessariamente a contatto con la telecamera;
deve avere un formato ed un posizionamento tale da essere
chiaramente visibile;
può inglobare un simbolo o una stilizzazione di esplicita e
immediata comprensione, eventualmente diversificati se le
immagini sono solo visionate o anche registrate.
3.2. Prescrizioni
specifiche
3.2.1. Verifica
preliminare
I trattamenti di dati personali nell’ambito di una attività
di videosorveglianza devono essere effettuati rispettando le
misure e gli accorgimenti prescritti da questa Autorità,
anche con un provvedimento generale, come esito di una
verifica preliminare attivata d’ufficio o a seguito di un
interpello del titolare (art. 17 del Codice), quando vi sono
rischi specifici per i diritti e le libertà fondamentali,
nonché per la dignità degli interessati.
A questo fine, con
il presente provvedimento il Garante prescrive a tutti i
titolari del trattamento, quale misura opportuna per
favorire il rispetto delle previsioni di legge (art. 143,
comma 1, lett. c), del Codice), di sottoporre alla verifica
preliminare di questa Autorità (anche in tal caso, con
eventuali provvedimenti di carattere generale) i sistemi di
videosorveglianza che prevedono una raccolta delle immagini
collegata e/o incrociata e/o confrontata con altri
particolari dati personali (ad es. biometrici), oppure con
codici identificativi di carte elettroniche o con
dispositivi che rendono identificabile la voce.
La verifica
preliminare del Garante occorre anche in caso di
digitalizzazione o indicizzazione delle immagini (che
rendono possibile una ricerca automatizzata o nominativa) e
in caso di videosorveglianza c.d. dinamico-preventiva che
non si limiti a riprendere staticamente un luogo, ma rilevi
percorsi o caratteristiche fisionomiche (es. riconoscimento
facciale) o eventi improvvisi, oppure comportamenti anche
non previamente classificati.
3.2.2.
Autorizzazioni
I predetti trattamenti devono essere autorizzati
preventivamente dal Garante, anche attraverso autorizzazioni
generali, quando riguardano dati sensibili o giudiziari, ad
esempio in caso di riprese di persone malate o di detenuti
(artt. 26 e 27 del Codice).
3.2.3. Altri esami
preventivi
Non devono essere sottoposti all’esame preventivo del
Garante, a meno che l’Autorità lo abbia disposto, i
trattamenti di dati a mezzo videosorveglianza, fuori dei
casi indicati nei precedenti punti 3.2.1. e 3.2.2. Non può
desumersi alcuna approvazione implicita dal semplice inoltro
al Garante di documenti relativi a progetti di
videosorveglianza (spesso generici e non valutabili a
distanza) cui non segua un esplicito riscontro
dell’Autorità, in quanto non si applica il principio del
silenzio/assenso.
3.2.4.
Notificazione
Gli stessi trattamenti devono essere notificati al Garante
solo se rientrano in casi specificamente previsti (art. 37
del Codice). A tale riguardo l’Autorità ha disposto che
non vanno comunque notificati i trattamenti relativi a
comportamenti illeciti o fraudolenti, quando riguardano
immagini o suoni conservati temporaneamente per esclusive
finalità di sicurezza o di tutela delle persone o del
patrimonio (provv. n. 1/2004 del 31 marzo 2004, in G.U. 6
aprile 2004, n. 81 e in www.garanteprivacy.it; v. anche,
sullo stesso sito, i chiarimenti forniti con nota n.
9654/33365 del 23 aprile 2004 relativamente alla posizione
geografica delle persone).
3.3. Soggetti preposti e misure di sicurezza
3.3.1. Responsabili
e incaricati
Si devono designare per iscritto tutte le persone fisiche,
incaricate del trattamento, autorizzate ad utilizzare gli
impianti e, nei casi in cui è indispensabile per gli scopi
perseguiti, a visionare le registrazioni (art. 30 del
Codice). Deve trattarsi di un numero molto ristretto di
soggetti, in particolare quando ci si avvale di una
collaborazione esterna.
Vanno osservate le
regole ordinarie anche per ciò che attiene all’eventuale
designazione di responsabili del trattamento, avendo
particolare cura al caso in cui il titolare si avvalga di un
organismo esterno anche di vigilanza privata (art. 29 del
Codice).
La designazione di
eventuali responsabili ed incaricati "esterni" può
essere effettuata solo se l’organismo esterno svolge
prestazioni strumentali e subordinate alle scelte del
titolare del trattamento. Questo non deve, ovviamente,
essere un espediente per eludere la normativa in materia di
protezione dei dati personali, come può accadere, per
esempio, nel caso in cui la designazione dell’incaricato
"esterno" mascheri una comunicazione di dati a
terzi senza consenso degli interessati, oppure nel caso di
diversità o incompatibilità tra le finalità perseguite
dai soggetti che si scambiano i dati.
Quando i dati
vengono conservati - naturalmente per un tempo limitato in
applicazione del principio di proporzionalità - devono
essere previsti diversi livelli di accesso al sistema e di
utilizzo delle informazioni, avendo riguardo anche ad
eventuali interventi per esigenze di manutenzione. Occorre
prevenire possibili abusi attraverso opportune misure basate
in particolare su una "doppia chiave" fisica o
logica che consentano una immediata ed integrale visione
delle immagini solo in caso di necessità (da parte di
addetti alla manutenzione o per l’estrazione dei dati ai
fini della difesa di un diritto o del riscontro ad una
istanza di accesso, oppure per assistere la competente
autorità giudiziaria o di polizia giudiziaria). Va infatti
tenuto conto che l’accessibilità regolamentata alle
immagini registrate da parte degli addetti è fattore di
sicurezza.
Sono infine
opportune iniziative periodiche di formazione degli
incaricati sui doveri, sulle garanzie e sulle responsabilità,
sia all’atto dell’introduzione del sistema di
videosorveglianza, sia in sede di modifiche delle modalità
di utilizzo (cfr. Allegato B) al Codice, regola n. 19.6).
3.3.2. Misure di sicurezza
I dati devono essere protetti da idonee e preventive misure
di sicurezza, riducendo al minimo i rischi di distruzione,
perdita, anche accidentale, di accesso non autorizzato o
trattamento non consentito o non conforme alle finalità
della raccolta (art. 31 del Codice).
Alcune misure, c.d.
"misure minime", sono obbligatorie anche sul piano
penale. Il titolare del trattamento che si avvale di un
soggetto esterno deve ricevere dall’installatore una
descrizione scritta dell’intervento effettuato che ne
attesti la conformità alle regole in materia (artt. 33-36 e
169, nonché Allegato B) del Codice, in particolare punto
25; v. anche i chiarimenti forniti con nota n. 6588/31884
del 22 marzo 2004, in www.garanteprivacy.it).
3.4. Durata
dell’eventuale conservazione
In applicazione del
principio di proporzionalità (v. anche art. 11, comma 1,
lett. e), del Codice), anche l’eventuale conservazione
temporanea dei dati deve essere commisurata al grado di
indispensabilità e per il solo tempo necessario - e
predeterminato - a raggiungere la finalità perseguita.
La conservazione
deve essere limitata a poche ore o, al massimo, alle
ventiquattro ore successive alla rilevazione, fatte salve
speciali esigenze di ulteriore conservazione in relazione a
festività o chiusura di uffici o esercizi, nonché nel caso
in cui si deve aderire ad una specifica richiesta
investigativa dell’autorità giudiziaria o di polizia
giudiziaria.
Solo in alcuni
specifici casi, per peculiari esigenze tecniche (mezzi di
trasporto) o per la particolare rischiosità dell’attività
svolta dal titolare del trattamento (ad esempio, per alcuni
luoghi come le banche può risultare giustificata
l’esigenza di identificare gli autori di un sopralluogo
nei giorni precedenti una rapina), è ammesso un tempo più
ampio di conservazione dei dati, che non può comunque
superare la settimana.
Un eventuale
allungamento dei tempi di conservazione deve essere valutato
come eccezionale e comunque in relazione alla necessità
derivante da un evento già accaduto o realmente incombente,
oppure alla necessità di custodire o consegnare una copia
specificamente richiesta dall’autorità giudiziaria o di
polizia giudiziaria in relazione ad un’attività
investigativa in corso.
Il sistema
impiegato deve essere programmato in modo da operare al
momento prefissato - ove tecnicamente possibile - la
cancellazione automatica da ogni supporto, anche mediante
sovra-registrazione, con modalità tali da rendere non
riutilizzabili i dati cancellati.
3.5. Documentazione
delle scelte
Le ragioni delle scelte, cui si è fatto richiamo, devono
essere adeguatamente documentate in un atto autonomo
conservato presso il titolare e il responsabile del
trattamento e ciò anche ai fini dell’eventuale esibizione
in occasione di visite ispettive, oppure dell’esercizio
dei diritti dell’interessato o di contenzioso.
3.6. Diritti degli
interessati
Deve essere assicurato agli interessati identificabili
l’effettivo esercizio dei propri diritti in conformità al
Codice, in particolare quello di accedere ai dati che li
riguardano, di verificare le finalità, le modalità e la
logica del trattamento e di ottenere l’interruzione di un
trattamento illecito, in specie quando non sono adottate
idonee misure di sicurezza o il sistema è utilizzato da
persone non debitamente autorizzate (art. 7 del Codice).
La risposta ad una
richiesta di accesso a dati conservati deve riguardare tutti
quelli attinenti alla persona istante identificabile e può
comprendere eventuali dati riferiti a terzi solo nei limiti
previsti dal Codice (art. 10, commi 3 s., del Codice). A tal
fine può essere opportuno che la verifica dell’identità
del richiedente avvenga mediante esibizione o allegazione di
un documento di riconoscimento che evidenzi un’immagine
riconoscibile dell’interessato.
4. SETTORI
SPECIFICI
4.1. Rapporti di
lavoro
Nelle attività di sorveglianza occorre rispettare il
divieto di controllo a distanza dell’attività lavorativa
e ciò anche in caso di erogazione di servizi per via
telematica mediante c.d. "web contact center".
Vanno poi osservate le garanzie previste in materia di
lavoro quando la videosorveglianza è impiegata per esigenze
organizzative e dei processi produttivi, ovvero è richiesta
per la sicurezza del lavoro (art. 4 legge n. 300/1970; art.
2 d.lg. n. 165/2001).
Queste garanzie
vanno osservate sia all’interno degli edifici, sia in
altri luoghi di prestazione di lavoro, così come, ad
esempio, si è rilevato in precedenti provvedimenti
dell’Autorità a proposito di telecamere installate su
autobus (le quali non devono riprendere in modo stabile la
postazione di guida, e le cui immagini, raccolte per finalità
di sicurezza e di eventuale accertamento di illeciti, non
possono essere utilizzate per controlli, anche indiretti,
sull’attività lavorativa degli addetti).
Ê inammissibile
l’installazione di sistemi di videosorveglianza in luoghi
riservati esclusivamente ai lavoratori o non destinati
all’attività lavorativa (ad es. bagni, spogliatoi, docce,
armadietti e luoghi ricreativi).
Eventuali riprese
televisive sui luoghi di lavoro per documentare attività od
operazioni solo per scopi divulgativi o di comunicazione
istituzionale o aziendale, e che vedano coinvolto il
personale dipendente, possono essere assimilati ai
trattamenti temporanei finalizzati alla pubblicazione
occasionale di articoli, saggi ed altre manifestazioni del
pensiero. In tal caso, alle stesse si applicano le
disposizioni sull’attività giornalistica contenute nel
Codice, fermi restando, comunque, i limiti al diritto di
cronaca posti a tutela della riservatezza, nonché
l’osservanza del codice deontologico per l’attività
giornalistica ed il diritto del lavoratore a tutelare la
propria immagine opponendosi anche, per motivi legittimi,
alla sua diffusione.
4.2. Ospedali e luoghi di cura
L’eventuale controllo di ambienti sanitari e il
monitoraggio di pazienti ricoverati in particolari reparti o
ambienti (ad es. unità di rianimazione), stante la natura
sensibile di molti dati che possono essere in tal modo
raccolti, devono essere limitati ai casi di stretta
indispensabilità e circoscrivendo le riprese solo a
determinati locali e a precise fasce orarie; devono essere
inoltre adottati tutti gli ulteriori accorgimenti necessari
per garantire un elevato livello di tutela della
riservatezza e della dignità delle persone malate, anche in
attuazione delle doverose misure che il Codice prescrive per
le strutture sanitarie (art. 83).
Il titolare deve
garantire che possano accedere alle immagini solo i soggetti
specificamente autorizzati (es. personale medico ed
infermieristico) e che le stesse non possano essere
visionate da estranei (ad es. visitatori). Particolare
attenzione deve essere riservata alle modalità di accesso
alle riprese video da parte di familiari di ricoverati in
reparti dove non sia consentito agli stessi di recarsi
personalmente (es. rianimazione), ai quali può essere
consentita, con gli adeguati accorgimenti tecnici, la
visione dell’immagine solo del proprio congiunto.
Le immagini idonee
a rivelare lo stato di salute non devono essere comunque
diffuse, a pena di sanzione penale (artt. 22, comma 8, e 167
del Codice). Va assolutamente evitato il rischio di
diffusione delle immagini di persone malate su monitor
collocati in locali liberamente accessibili al pubblico.
Nei casi in cui
l’impiego di un sistema di videosorveglianza all’interno
di una struttura sanitaria non sia finalizzato alla cura del
paziente, bensì solo a finalità amministrative o di
sicurezza (quali, ad esempio, il controllo dell’edificio o
di alcuni locali), e sia possibile che attraverso lo stesso
siano raccolte immagini idonee a rivelare lo stato di
salute, il soggetto pubblico titolare deve menzionare tale
trattamento nell’atto regolamentare sui dati sensibili da
adottare in base al Codice (art. 20).
4.3. Istituti
scolastici
L’eventuale installazione di sistemi di videosorveglianza
presso istituti scolastici deve garantire "il diritto
dello studente alla riservatezza" (art. 2, comma 2,
d.P.R. n. 249/1998) e tenere conto della delicatezza
dell’eventuale trattamento di dati relativi a minori.
A tal fine, se può
risultare ammissibile il loro utilizzo in casi di stretta
indispensabilità (ad esempio, a causa del protrarsi di atti
vandalici), gli stessi devono essere circoscritti alle sole
aree interessate ed attivati negli orari di chiusura degli
istituti, regolando rigorosamente l’eventuale accesso ai
dati.
Restano di
competenza dell’autorità giudiziaria o di polizia le
iniziative intraprese a fini di tutela dell’ordine
pubblico o di individuazione di autori di atti criminali
(per es. spacciatori di stupefacenti, adescatori, ecc.).
4.4. Luoghi di
culto e di sepoltura
L’installazione di sistemi di videosorveglianza presso
chiese o altri luoghi di culto o di ritrovo di fedeli deve
essere oggetto di elevate cautele, in funzione dei rischi di
un utilizzo discriminatorio delle immagini raccolte e del
carattere sensibile delle informazioni relative
all’appartenenza ad una determinata confessione religiosa.
Al fine di
garantire il rispetto dei luoghi di sepoltura,
l’installazione di sistemi di videosorveglianza deve
ritenersi ammissibile all’interno di tali aree solo quando
si intenda tutelarle dal concreto rischio di atti vandalici.
5. SOGGETTI
PUBBLICI
5.1. Svolgimento di
funzioni istituzionali
Un soggetto pubblico può effettuare attività di
videosorveglianza solo ed esclusivamente per svolgere
funzioni istituzionali che deve individuare ed esplicitare
con esattezza e di cui sia realmente titolare in base
all’ordinamento di riferimento (art. 18, comma 2, del
Codice). Diversamente, il trattamento dei dati non è
lecito, anche se l’ente designa esponenti delle forze
dell’ordine in qualità di responsabili del trattamento,
oppure utilizza un collegamento telematico in violazione del
Codice (art. 19, comma 2, del Codice).
Tale circostanza si
è ad esempio verificata presso alcuni enti locali che
dichiarano di perseguire direttamente, in via
amministrativa, finalità di prevenzione e accertamento dei
reati che competono alle autorità giudiziarie e alle forze
di polizia. Vanno richiamate quindi in questa sede le
riflessioni già suggerite in passato a proposito di talune
ordinanze comunali in tema di prostituzione in luoghi
pubblici (v. provv. 26 ottobre 1998, in Bollettino del
Garante n. 6/1998, p. 131).
Benché effettuata
per la cura di un interesse pubblico, la videosorveglianza
deve rispettare i principi già richiamati.
Quando il soggetto
è realmente titolare di un compito attribuito dalla legge
in materia di sicurezza pubblica o di accertamento,
prevenzione e repressione di reati, per procedere ad una
videosorveglianza di soggetti identificabili deve ricorrere
un’esigenza effettiva e proporzionata di prevenzione o
repressione di pericoli concreti e specifici di lesione di
un bene (ad esempio, in luoghi esposti a reale rischio o in
caso di manifestazioni che siano ragionevolmente fonte di
eventi pregiudizievoli).
Non risulta quindi
lecito procedere, senza le corrette valutazioni richiamate
in premessa, ad una videosorveglianza capillare di intere
aree cittadine "cablate", riprese integralmente e
costantemente e senza adeguate esigenze. Del pari è vietato
il collegamento telematico tra più soggetti, a volte
raccordati ad un "centro" elettronico, che possa
registrare un numero elevato di dati personali e ricostruire
interi percorsi effettuati in un determinato arco di tempo.
Risulta parimenti
priva di giustificazione l’installazione di impianti di
videosorveglianza al solo fine (come risulta da casi
sottoposti al Garante), di controllare il rispetto del
divieto di fumare o gettare mozziconi, di calpestare aiuole,
di affiggere o di fotografare, o di altri divieti relativi
alle modalità nel depositare i sacchetti di immondizia
entro gli appositi contenitori.
Le specifiche norme
di legge o di regolamento e le funzioni legittimamente
individuate dall’ente costituiscono l’ambito operativo
entro il quale il trattamento dei dati si intende
consentito. Come prescritto dal Codice, l’eventuale
comunicazione a terzi è lecita solo se espressamente
prevista da una norma di legge o di regolamento (art. 19,
comma 3, del Codice).
Il Codice individua
poi specifiche regole volte invece a consentire, in un
quadro di garanzie, riprese audio-video a fini di
documentazione dell’attività istituzionale di organi
pubblici (artt. 20-22 e 65 del Codice).
Salvo i casi
previsti per le professioni sanitarie e gli organismi
sanitari, il soggetto pubblico non deve richiedere la
manifestazione del consenso degli interessati (art. 18,
comma 4, del Codice).
5.2. Informativa
Contrariamente a quanto prospettato da alcuni enti locali,
l’informativa agli interessati deve essere fornita nei
termini illustrati nel paragrafo 3.1. e non solo mediante
pubblicazione sull’albo dell’ente, oppure attraverso una
temporanea affissione di manifesti. Tali soluzioni possono
concorrere ad assicurare trasparenza in materia, ma non sono
di per sé sufficienti per l’informativa che deve aver
luogo nei punti e nelle aree in cui si svolge la
videosorveglianza.
5.3 Accessi a
centri storici
Qualora introducano sistemi di rilevazione degli accessi dei
veicoli ai centri storici e alle zone a traffico limitato, i
comuni dovranno rispettare quanto dettato dal d.P.R. 22
giugno 1999, n. 250. Tale normativa impone ai comuni di
richiedere una specifica autorizzazione amministrativa,
nonché di limitare la raccolta dei dati sugli accessi
rilevando le immagini solo in caso di infrazione (art. 3
d.P.R. n. 250/1999).
I dati trattati
possono essere conservati solo per il periodo necessario per
contestare le infrazioni e definire il relativo contenzioso
e si può accedere ad essi solo a fini di polizia
giudiziaria o di indagine penale.
5.4. Sicurezza nel
trasporto urbano
Alcune situazioni di particolare rischio fanno ritenere
lecita l’installazione su mezzi di trasporto pubblici di
sistemi di videosorveglianza. Tali sistemi di rilevazione
sono leciti anche presso talune fermate di mezzi urbani
specie in aree periferiche che spesso sono interessate da
episodi di criminalità (aggressioni, borseggi, ecc.).
Valgono, anche in
questi casi, le considerazioni già espresse a proposito
della titolarità in capo alle sole forze di polizia dei
compiti di accertamento, prevenzione ed accertamento di
reati, nonché del diritto di accesso alle immagini
conservate per alcune ore, cui si dovrebbe accedere solo in
caso di illeciti compiuti.
Negli stessi casi,
deve osservarsi particolare cura anche per ciò che riguarda
l’angolo visuale delle apparecchiature di ripresa, nella
collocazione di idonee informative a bordo dei veicoli
pubblici e nelle aree di fermata - presso cui possono
transitare anche soggetti estranei - e per quanto attiene
alla ripresa sistematica di dettagli o di particolari non
rilevanti riguardanti i passeggeri.
5.5. Deposito dei
rifiuti
In applicazione dei principi richiamati, il controllo video
di aree abusivamente impiegate come discariche di materiali
e di sostanze pericolose è lecito se risultano inefficaci o
inattuabili altre misure. Come già osservato, il medesimo
controllo non è invece lecito - e va effettuato in altra
forma - se è volto ad accertare solo infrazioni
amministrative rispetto a disposizioni concernenti modalità
e orario di deposito dei rifiuti urbani.
6. PRIVATI ED ENTI
PUBBLICI ECONOMICI
6.1. Consenso
A differenza dei soggetti pubblici, i privati e gli enti
pubblici economici possono trattare dati personali solo se
vi è il consenso preventivo espresso dall’interessato,
oppure uno dei presupposti di liceità previsti in
alternativa al consenso (artt. 23 e 24 del Codice).
In caso di impiego
di strumenti di videosorveglianza da parte di privati ed
enti pubblici economici, la possibilità di raccogliere
lecitamente il consenso può risultare, in concreto,
fortemente limitata dalle caratteristiche e dalle modalità
di funzionamento dei sistemi di rilevazione, i quali
riguardano spesso una cerchia non circoscritta di persone
che non è agevole o non è possibile contattare prima del
trattamento. Ciò anche in relazione a finalità (ad es. di
sicurezza o di deterrenza) che non si conciliano con
richieste di esplicita accettazione da chi intende accedere
a determinati luoghi o usufruire di taluni servizi.
Il consenso, oltre
alla presenza di un’informativa preventiva e idonea, è
valido solo se espresso e documentato per iscritto. Non è
pertanto valido un consenso presunto o tacito, oppure
manifestato solo per atti o comportamenti concludenti,
consistenti ad esempio nell’implicita accettazione delle
riprese in conseguenza dell’avvenuto accesso a determinati
luoghi.
Nel settore
privato, fuori dei casi in cui sia possibile ottenere un
esplicito consenso libero, espresso e documentato, vi può
essere la necessità di verificare se esista un altro
presupposto di liceità utilizzabile in alternativa al
consenso, come indicato nel paragrafo successivo.
6.2. Bilanciamento
degli interessi
6.2.1. Profili
generali
Un’idonea alternativa all’esplicito consenso va
ravvisata nell’istituto del bilanciamento di interessi
(art. 24, comma 1, lett. g), del Codice). Il presente
provvedimento dà attuazione a tale istituto, individuando i
casi in cui la rilevazione delle immagini può avvenire
senza consenso, qualora, con le modalità stabilite in
questo stesso provvedimento, sia effettuata nell’intento
di perseguire un legittimo interesse del titolare o di un
terzo attraverso mezzi di prova o perseguendo fini di tutela
di persone e beni rispetto a possibili aggressioni, furti,
rapine, danneggiamenti, atti di vandalismo, o finalità di
prevenzione di incendi o di sicurezza del lavoro.
Considerata
l’ampia serie di garanzie e condizioni sopra indicate, non
appare necessario che il Garante, per alcuni trattamenti in
ambito privato di seguito indicati, prescriva ulteriori
condizioni e limiti oltre quelli già richiamati in
premessa.
6.2.2.
Registrazione delle immagini
I trattamenti di dati possono essere più invasivi rispetto
alla semplice rilevazione, qualora siano registrati su
supporti oppure abbinati ad altre fonti o conservati in
banche di dati, talora solo per effetto di un dispositivo di
allarme programmato. E ciò in considerazione delle
molteplici attività di elaborazione cui i dati, possono
essere sottoposti anche ad altri fini.
In presenza di
concrete ed effettive situazioni di rischio tali
registrazioni sono consentite a protezione delle persone,
della proprietà o del patrimonio aziendale (ad esempio,
rispetto a beni già oggetto di ripetuti e gravi illeciti),
relativamente all’erogazione di particolari servizi
pubblici (si pensi alle varie forme di trasporto) o a
specifiche attività (che si svolgono ad esempio in luoghi
pubblici o aperti al pubblico, o che comportano la presenza
di denaro o beni di valore, o la salvaguardia del segreto
aziendale od industriale in relazione a particolari tipi di
attività).
6.2.3.
Videosorveglianza senza registrazione
Nei casi in cui le immagini sono unicamente visionate in
tempo reale, oppure conservate solo per poche ore mediante
impianti a circuito chiuso (Cctv), possono essere tutelati
legittimi interessi rispetto a concrete ed effettive
situazioni di pericolo per la sicurezza di persone e beni,
anche quando si tratta di esercizi commerciali esposti ai
rischi di attività criminali in ragione della detenzione di
denaro, valori o altri beni (es., gioiellerie, supermercati,
filiali di banche, uffici postali). La videosorveglianza può
risultare eccedente e sproporzionata quando sono già
adottati altri efficaci dispositivi di controllo o di
vigilanza oppure quando vi è la presenza di personale
addetto alla protezione.
Nell’uso delle
apparecchiature volte a riprendere, per i legittimi
interessi indicati, aree esterne ad edifici e immobili
(perimetrali, adibite a parcheggi o a carico/scarico merci,
accessi, uscite di emergenza), il trattamento deve essere
effettuato con modalità tali da limitare l’angolo visuale
all’area effettivamente da proteggere, evitando la ripresa
di luoghi circostanti e di particolari non rilevanti (vie,
edifici, esercizi commerciali, istituzioni ecc.).
6.2.4.
Videocitofoni
Sono ammissibili per identificare coloro che si accingono ad
entrare in luoghi privati videocitofoni o altre
apparecchiature che rilevano immagini o suoni senza
registrazione. Tali apparecchiature sono dislocate
abitualmente all’ingresso di edifici o immobili in
corrispondenza di campanelli o citofoni, appunto per finalità
di controllo dei visitatori che si accingono ad entrare. La
loro esistenza deve essere conosciuta attraverso una
informativa agevolmente rilevabile, quando non sono
utilizzati per fini esclusivamente personali (art. 5, comma
3 del Codice).
Altri dispositivi
di rilevazione e controllo, invece, spesso non sono
facilmente individuabili anche per mancanza di informativa,
né la loro collocazione è altrimenti segnalata. In alcuni
casi, poi, più telecamere collocate anche all’interno di
un edificio (pianerottoli, corridoi, scale) si attivano
contemporaneamente e, sia pure per un tempo limitato,
riprendono le persone fino all’ingresso negli
appartamenti. Anche in questi casi è necessaria una
adeguata informativa.
6.2.5. Riprese
nelle aree comuni
L’installazione degli strumenti descritti nel paragrafo
precedente, se effettuata nei pressi di immobili privati e
all’interno di condominii e loro pertinenze (es. posti
auto, box), benché non sia soggetta al Codice quando i dati
non sono comunicati sistematicamente o diffusi, richiede
comunque l’adozione di cautele a tutela dei terzi (art. 5,
comma 3, del Codice). Al fine di evitare di incorrere nel
reato di interferenze illecite nella vita privata (art.
615-bis c.p.), l’angolo visuale delle riprese deve essere
limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza, ad
esempio antistanti l’accesso alla propria abitazione,
escludendo ogni forma di ripresa anche senza registrazione
di immagini relative ad aree comuni (cortili, pianerottoli,
scale, garage comuni) o antistanti l’abitazione di altri
condomini.
Il Codice trova
invece applicazione in caso di utilizzazione di un sistema
di ripresa di aree condominiali da parte di più proprietari
o condomini, oppure da un condominio, dalla relativa
amministrazione (comprese le amministrazioni di residence o
multiproprietà), da studi professionali, società o da enti
no-profit.
L’installazione
di questi impianti è ammissibile esclusivamente in
relazione all’esigenza di preservare la sicurezza di
persone e la tutela di beni da concrete situazioni di
pericolo, di regola costituite da illeciti già
verificatisi, oppure nel caso di attività che comportano,
ad esempio, la custodia di denaro, valori o altri beni
(recupero crediti, commercio di preziosi o di monete aventi
valore numismatico).
La valutazione di
proporzionalità va effettuata anche nei casi di
utilizzazione di sistemi di videosorveglianza che non
prevedano la registrazione dei dati, in rapporto ad altre
misure già adottate o da adottare (es. sistemi comuni di
allarme, blindatura o protezione rinforzata di porte e
portoni, cancelli automatici, abilitazione degli accessi).
7. PRESCRIZIONI E
SANZIONI
Il Garante invita
tutti gli operatori interessati ad attenersi alle
prescrizioni illustrate e a quelle definite opportune
parimenti indicate nel presente provvedimento, in attesa dei
più specifici interventi che potranno derivare in materia
da un c.d. provvedimento di verifica preliminare di questa
Autorità (art. 17 del Codice), oppure dal codice
deontologico che il Garante ha promosso per disciplinare in
dettaglio altri aspetti del trattamento dei dati personali
effettuato "con strumenti elettronici di rilevamento di
immagini" (art. 134 del Codice).
Le misure
necessarie prescritte con il presente provvedimento devono
essere osservate da tutti i titolari di trattamento. In caso
contrario il trattamento dei dati è, a seconda dei casi,
illecito oppure non corretto, ed espone:
all’inutilizzabilità
dei dati personali trattati in violazione della relativa
disciplina (art. 11, comma 2, del Codice);
all’adozione di provvedimenti di blocco o di divieto del
trattamento disposti dal Garante (art. 143, comma 1, lett.
c), del Codice), e di analoghe decisioni adottate
dall’autorità giudiziaria civile e penale;
all’applicazione delle pertinenti sanzioni amministrative
o penali (artt. 161 s. del Codice).
TUTTO CIÒ PREMESSO
IL GARANTE:
prescrive ai
titolari del trattamento nei settori interessati, ai sensi
dell’art. 154, comma 1, lett. c), del Codice, le misure
necessarie ed opportune indicate nel presente provvedimento
al fine di rendere il trattamento conforme alle disposizioni
vigenti;
individua, nei termini di cui in motivazione, ai sensi
dell’art. 24, comma 1, lett. f) del Codice, i casi nei
quali il trattamento dei dati personali mediante
videosorveglianza può essere effettuato da soggetti privati
ed enti pubblici economici, nei limiti e alle condizioni
indicate, per perseguire legittimi interessi e senza
richiedere il consenso degli interessati;
individua in allegato un modello semplificato di informativa
utilizzabile alle condizioni indicate in motivazione.
Roma, 29 aprile 2004
IL PRESIDENTE
Rodotà
IL RELATORE
Rasi
IL SEGRETARIO
GENERALE
Buttarelli
Fonte:
www.garanteprivacy.it
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